Descrizione
«Dall’incoronazione di re Ruggero nella cattedrale di Palermo, nel giorno di Natale del 1130, fino a quell’altro e più tetro giorno di Natale in cui la più fulgida corona d’Europa venne posta da un arcivescovo inglese sul capo di uno dei più odiosi imperatori germanici. I sessantaquattro anni che separano questi due avvenimenti sono un lasso di tempo ancor più breve di quanto ci sia dato sperare per la nostra stessa vita, ma costituiscono l’intera durata del regno. Nel corso di questi anni l’isola conobbe il periodo del maggior splendore quando, per la prima e unica volta nella storia, le tre grandi entità etniche e religiose del litorale mediterraneo si fusero, sotto il sole del Meridione, in quel meraviglioso gioiello dalle infinite sfaccettature che fu la cultura siculo-normanna» scrive Norwich nell’Introduzione. «Questo secondo volume della saga degli Altavilla è a sé stante, nel senso che presume che il lettore non abbia letto il primo, o lo abbia dimenticato. Tuttavia, riprende la narrazione dal punto in cui si interrompe I normanni nel Sud. 1016-1130». Il trionfo e la caduta del Regno nel Sole che fu la meraviglia dei suoi tempi è secondo l’autore «una delle tragedie d’Europa», e come tale questo libro la mette in scena. Norwich vuole raccontare la storia, una storia pur sempre dotata di precisione e di fonti, come un romanzo. Deriva da questo l’attenzione verso i personaggi, la cura meticolosa nel tratteggiare i caratteri e i temperamenti individuali, e i connotati delle mentalità collettive. E la forte umanizzazione degli intrecci che movimentavano le fondamentali vicende europee di quel secolo. E le quinte grandiose di questa messa in scena sono nel libro gli splendori dei monumenti, che fondevano gli stili e le tecniche dell’Europa occidentale, di Bisanzio e dell’Islam, e traducevano «quasi miracolosamente i successi politici degli Altavilla in termini visivi». Per cui, i lasciti artistici di questo fenomeno unico al mondo che è la cultura siculo-normanna hanno spazio nel libro, in modo tale «da legarli il più possibile ai loro fondatori, o alle circostanze che li videro sorgere».
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