Descrizione
Felicità è una parola di cristallo, la più soggettiva del vocabolario. Cambia a seconda dei valori, delle condizioni di salute, delle idee, della fede, dell’età, del rapporto con il tempo e con la morte. Muta svariate volte nel corso della vita poiché a cambiare siamo prima di tutto noi con il nostro orizzonte di desiderio. Definirla, quindi, non è impresa da poco, ma può rivelarsi un’avventura avvincente. Il suo significato, infatti, apre mille strade e mille orizzonti. Per me è uno stato di estasi, per te un momento di inconsapevolezza. Il luogo dove si trasforma di più è proprio la lingua, con i suoi labirinti etimologici perché le parole contengono immagini originarie, miniere di storie e di misteri, che nei sotterranei della nostra mente agiscono e danno forma ai pensieri e alle emozioni di ogni giorno. Marco Balzano varca la soglia della felicità con le chiavi della lingua, o meglio di quattro. Sono quelle in cui la civiltà occidentale affonda le sue radici: il greco e il latino della tradizione classica, l’ebraico di quella giudaico-cristiana e infine l’inglese, lingua universale del nostro tempo. In ognuno di questi idiomi la parola felicità dischiude immagini e significati molto differenti che illuminano valori etici e morali, questioni politiche, atteggiamenti psicologici e, più genericamente, maniere di guardare alla vita e alla morte, al futuro e alla memoria, agli altri e a noi stessi. L’etimologia restituisce alle parole la loro complessità e, così facendo, ci mette in condizione di prenderci cura della lingua: per praticarla liberamente, evitarle il deterioramento a cui la sottopongono i social, la pubblicità o la propaganda, e proiettarla nel tempo. Capire da dove vengono e come sono arrivate a noi le parole ci mostra quanto influiscano sulla nostra vita e come ci plasmino. Al punto da poterci indicare nuovi modi di essere felici.
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